Premessa necessaria
e doverosa: tu vieni da una famiglia in cui – non l’ha deciso nessuno, ma nei
fatti è così – si va dal medico se si è incinte, moribondi o più simili a un
appestato pieno di pustole schifose che a un essere cosiddetto umano. Negli
altri casi di media o bassa gravità, si è ottimisti e si pensa che passerà da
solo o con l’ausilio dei soliti rimedi di base.
Questo nonostante l’evidenza. Anche
quando quella che credevi influenza ti fa sembrare la figlia del trans quanto a
voce roca o la figlia dell’untore quanto a tosse e spargimento di germi, tu ti
riduci ad andare dal medico solo quando diventi la figlia untrice del trans, o
il trans figlio dell’untore. Mai prima, sia chiaro. Ovviamente, quando ci vai
ti comporti da persona tutta d’un pezzo (il bubbone, di solito): non ti fai
accompagnare e ti fai un chilometro sotto la pioggia, tanto per dimostrare che
no, tu non stai poi così male. Poi ti
spediscono immediatamente a fare una lastra per sospetta polmonite ma no, tu
non stai poi così male. Prova ne è
che al pronto soccorso ti hanno dato un codice verde che vuol dire che 1. tu
non stai poi così male e 2. visto che
è pure così vero, aspetterai non meno
di sei ore tossendo e spargendo fantomatici pezzetti di polmoni malati per
tutta la sala.
Comunque, la premessa è che se tu sei uno che con una sospetta
polmonite per andare dal medico si fa un pezzo di strada sotto l’acqua, è ovvio
che fatichi a relazionarti con amici o partner ipocondriaci. Così come sai che
in natura esistono vari tipi di insetti, sai anche che la specie in questione –
“gli ipocondriaci” – non solo esiste, ma pure prolifera. Ti sei quindi
rassegnato al fatto, scientificamente inspiegabile, che esseri che sono più deboli
dei loro simili e che pure ci si sentono, più deboli degli altri, continuino a
sopravvivere e siano anzi numericamente in espansione. Lo cataloghi sotto
“aberrazione della specie”.
Ma anche se sei un tollerante esemplare di homo sapiens, rassegnazione non significa
accettazione. Continui dunque a stupirti dell’ansia dell’amico che somatizza
qualsiasi cosa – se tu hai un leggero accenno di influenza, lui sente già tre
linee di febbre; se una ha mal di pancia perché ha il ciclo, ce n’ha un po’
pure lui, ecc. ecc. –, della collega che dopo aver mangiato quanto Pantagruel si
palpa mezzo addome chiedendo a tutti se l’appendice, sicuramente infiammata,
stia a destra o a sinistra, del paziente che stava con te in sala d’aspetto
quella volta della sospetta polmonite che racconta che siccome è meglio
prevenire, lui fa le analisi – tutte – ogni mese. Ti stupisci, ma realizzi che
è meglio tacere. Da una parte sei contento: non solo hai compreso da tempo che
la logica non può sconfiggere le paure ancestrali, ma se Darwin ha poco poco
ragione tu sopravvivrai e loro no, e son soddisfazioni.
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